GLI SQUALLOR – il documentario sulla “darkroom” della musica italiana
Cosa hanno in comune Ti Amo di Umberto Tozzi, Erba di Casa Mia di Massimo Ranieri, Cuore Matto di Little Tony, Gli Uomini non Cambiano di Mia Martini, la colonna sonora del film premio Oscar Mediterraneo e Cornutone, Chi Cazz m’o fa fa e Troia? Sono state composte dai medesimi autori, Giancarlo Bigazzi e Totò Savio e le ultime tre canzoni sono frutto di un’esperienza leggendaria nata negli anni ’70 con il nome di Squallor. I due autori di punta della casa discografica CGD di Milano con gli amici Alfredo Cerruti, discografico e direttore artistico, e Daniele Pace, paroliere, compositore e autore televisivo, si divertivano a fare scherzi telefonici dagli uffici e decisero dall’oggi al domani di riportare la loro sfrenata voglia di divertirsi e la loro irriverenza incidendo dei dischi.
L’unione era perfetta perché i due napoletani Cerruti e Savio (si dice che gli altri due avrebbero voluto essere napoletani come loro) tramutavano in dialetto le idee strampalate e geniali che venivano a Bigazzi e Pace rendendo alcune situazioni estreme e decisamente esplicite in maniera assolutamente musicale, e la maestria di Totò Savio stava nel creare la forma canzone, di ottima fattura, non limitando la propria vis creativa ma anzi incorniciandola con parolacce e terminologia irriguardosa e impensabile per la musica leggera italiana degli anni ’70.
Carla Rinaldi e Michele Rossi hanno girato un documentario per celebrare il mito degli Squallor mettendo su una piccola gemma che attraversa oltre trent’anni di musica e storia italiana attraverso testimonianze di numerosi artisti, dei più svariati generi, uniti dalla passione verso il gruppo che da trash-demenziale e sboccato si è rivelato punto di collante trans-generazionale.
In 85 minuti si passa dagli aneddoti delle notti passate nella sala di registrazione della CGD con musicisti che da tutta Italia facevano a gara per assistere alle performance creative di questa banda di scalmanati, ai racconti di cantanti che da adolescenti dovevano nascondersi i dischi degli Squallor appena acquistati perché non sarebbe stato facile passare inosservati al ritorno a casa con in mano copertine come quella di Troia e Pompa.
Le testimonianze rilasciate da Giancarlo Bigazzi (deceduto nel gennaio 2012 e a cui è dedicato il film-documentario) sono esilaranti e commoventi, come la voce narrante di Alfredo Cerruti(unico “sopravvissuto” del gruppo) che seduto ad un tavolo da gioco sussurra con il suo tono irriverente e inconfondibile le varie tappe della storia degli Squallor (“frequentavamo i cantanti che sono i peggiori scassacazzi mondiali, e ci sfogavamo contro di loro”).
Mente principale del gruppo, traduttore personale dall’italiano al napoletano dei pensieri di Bigazzi, voce di quasi tutte le tracce cantate, quelle narrate spettavano a Cerruti, era Totò Savio, stimato da tutto l’universo musicale italiano per la sua bravura e per la capacità di creare testi in ogni occasione, apprezzato per la sua affabilità, lavoratore indefesso capace di stare anche una giornata intera a spremersi le meningi per trovare la parola giusta per quel ritmo che gli girava in testa; ma poi arrivava la mezzanotte e con Bigazzi, Cerruti, Pace, il musicista Elio Gariboldi e amici che di tanto in tanto si univano a loro, e il divertimento cominciava tra bottiglie di whisky e nuvole di fumo e incisioni di canzoni o di recital improvvisati.
I testi alternavano prese in giro di sesso, politica, chiesa, tv, rompevano tabù morali, anzi abbattevano moralismi fortificati attorno al falso perbenismo di una società che non voleva sentirsi dire determinate cose e che con l’ombra del vaticano e della Democrazia Cristiana diffondeva un oscurantismo di facciata pronto a censurare qualsiasi cosa intaccasse l’ipocrita comune senso del pudore. Emblematico il racconto di un avvocato a cui Totò Savio portava tutti i testi prima di inciderli per verificare che non ci fossero estremi per ripercussioni legali nei loro confronti, e puntualmente in sala d’incisione poi facevano di testa loro; e per fortuna visto i risultati.
Il documentario è la storia di uno dei gruppi più spregiudicati e rivoluzionari, definito dal musicologo Dario Salvatori la “darkroom” della musica italiana, e raccoglie immagini di repertorio e testimonianze di artisti come Vinicio Capossela, Massimo Ranieri, Caparezza, Renzo Arbore, Stefano Bollani, Roberto Del Gaudio (Virtuosi di S.Martino), Giuliano Palma, Rocco Tanica (Elio e Le Storie Tese), Roberto “freak” Antoni (Skiantos), Enzo Gragnaniello, Tullio De Piscopo, Peppino Di Capri, Nino Buonocore, Gianfranco Marziano, Peppe Lanzetta, Antonio Capuano, Nino Frassica del critico d’arte Achille Bonito Oliva di numerosi discografici e collaboratori dei componenti degli Squallor.
Spassosa la scenetta ideata dai registi per rappresentare la nicchia in cui erano rinchiusi gli Squallor inizialmente, senza pubblicità e passaggi impensabili nelle radio tradizionali : un ragazzino va in un negozio di dischi e chiede di anno in anno un LP di un qualche artista e puntualmente il negoziante gli mostra e gli fa comprare il nuovo disco degli Squallor….partendo da Troia (1973), passando per Palle (1974) Vacca(1977) Pompa(1977) Cappelle (1978) Scoraggiando (1982)), fino a giungere agli ultimi due Cielo Duro (1988) e Cambiamento(1994), con le eccezionali e geniali copertine create da Luciano Tallarini. Il passaparola prima, le radio libere poi hanno reso un vero e proprio cult il fenomeno Squallor con una fascia di appassionati trasversale e per cultura e per gusti musicali ma soprattutto per una leggenda che ha attraversato più di tre generazioni, che si sono ritrovate a parlare insieme anche dei due film girati dai dischi e dalle idee del gruppo, Arrapaho e Uccelli d’Italia.
Il lavoro sicuramente divertente ma anche estenuante dei registi che per cinque anni hanno dovuto “inseguire” i vari testimoni che si succedono nel documentario, dura poco meno di un’ora e mezza ma in realtà il materiale girato si avvicina alle tre ore, e infatti nel 2013 sarà dato alle stampe un Dvd che comprenderà oltre alla versione base dell’opera numerosi extra e chicche a sorpresa. Il finale bellissimo ed emozionante è un omaggio alla storia degli Squallor, con tutti gli artisti partecipanti al documentario a cantare un frammento di uno dei capolavori assoluti del gruppo, Cornutone.