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CARACAS – l’audace regia di Marco D’Amore per un film onirico e viscerale

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Una originale, e rischiosa, trasposizione di “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea

Caracas” è il film che Marco D’Amore ha tratto dall’opera letteraria “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea. Un vero e proprio atto di coraggio quello dell’attore-regista, perché non riguarda un romanzo “tradizionale”: la narrazione dello scrittore/protagonista è un diario-cronaca che in alcuni capitoli diventa un flusso di coscienza. In molti, compreso il sottoscritto, alla notizia della trasposizione cinematografica del libro di Rea storsero il naso, convinti dell’impossibilità di un’operazione del genere.

Pre-giudizio ottuso perché fatto senza tenere conto dell’ingegno che in fase di scrittura ha portato Marco D’Amore e lo sceneggiatore Francesco Ghiaccio ad abbandonare, giocoforza, il tipo di esposizione presente in “Napoli Ferrovia“, trovando nel desiderio, nell’ossessione e nella follia dell’anziano intellettuale Giordano, alle prese con la scrittura del suo libro, la chiave adeguata per il racconto della storia.

La storia

Giordano Fonte è un anziano scrittore napoletano, interpretato da Toni Servillo, che torna dopo diversi anni nella città natale senza riconoscerla più, venendone inghiottito, terrorizzato e, al tempo stesso, affascinato.
A fargli da guida per le vie e i sobborghi di quella che una volta era stata casa sua trova Caracas, Marco D’Amore, un uomo che pratica un’accanita militanza tra gli ultimi della terra e, nonostante frequenti l’ambiente della destra più estrema e razzista, sta per convertirsi all’Islam, alla ricerca di una verità sull’esistenza che non sa trovare.

In questa ricerca, Caracas ritrova al suo fianco Giordano, un uomo diverso da lui ma simile nell’aggirarsi per le vie di una città che non riconosce. Le loro vite si intrecciano e Giordano, attraverso i suoi versi, racconta l’amore impossibile tra Caracas e la giovane musulmana Yasmina, sviluppatosi tra i vicoli di questa babele dove tutti, compresi i personaggi della storia, sognano una vita migliore, di poter aprire gli occhi dopo un incubo e scorgere, dopo il buio della notte, una giornata piena di luce.

Un thriller psicologico stilisticamente coraggioso e tecnicamente pregevole

Caracas” è un’opera cinematografica costruita su un piano onirico che si palesa poco per volta, con un’ambientazione cupa in cui la luce del sole brilla a stento un paio di volte. Il Lavinaio, Piazza Mercato, la Stazione di Piazza Garibaldi mostrano una Napoli sudata, un organismo che vive, non semplicemente luogo geografico. La “città-spugna”, l’unica metropoli in cui nella stessa piazza puoi vedere, a pochi metri l’uno dall’altro, una moschea e un circolo di estrema destra…i macromondi vissuti dal personaggio di Caracas, il “Cristo della Ferrovia” alla costante ricerca della verità sull’esistenza.

Marco D’Amore, con un’audacia stilistica tanto ammirevole quanto rischiosa, ha dato vita a una sorta di thriller psicologico che racconta una storia desueta, paradossale, con un grande mistero nascosto. In alcuni frangenti pare sfidare la concentrazione dello spettatore evitando sia i percorsi didascalici che la linearità narrativa. Da autore-regista di un lavoro così complesso, D’Amore ha dovuto sacrificare alcune sfumature nell’interpretazione, comunque lodevole, del suo Caracas, affidandosi alla capacità attoriale di Toni Servillo per disegnare lo smarrimento e la fragilità del personaggio dello scrittore Giordano, co-protagonista della storia. Una rivelazione la giovane francese Lina Camèlia Lumbroso, attrice esordiente che veste i panni della tormentata Jasmina in maniera passionale e viscerale.

Notevole lo sforzo e l’abilità produttiva di Picomedia, Vision e soprattutto della Mad Entertainment che, nella figura di Luciano Stella, per prima aveva creduto nella possibilità di trarre un film da “Napoli Ferrovia” acquisendone i diritti e proponendolo a Marco D’Amore. E nel solco dei meriti tecnici di “Caracas“, vanno evidenziati due elementi fondamentali: la luce emblematicamente angosciante della magnifica fotografia di Stefano Meloni e l’ipnotico tappeto musicale di Rodrigo D’Erasmo.

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