SANTA LUCIA – su Prime Video la Napoli onirica e crepuscolare di Marco Chiappetta
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Santa Lucia è il film d’esordio del giovane regista e sceneggiatore napoletano Marco Chiappetta, e vede protagonisti due grandi interpreti della scena teatrale e cinematografica italiana, Renato Carpentieri e Andrea Renzi. L’opera è prodotta da Teatri Uniti, laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea che, tra le altre cose, ha dato vita ai primi film di Mario Martone e Paolo Sorrentino.
Per Santa Lucia la produzione, capitanata da Angelo Curti, ha formato una troupe composta da giovani professionisti del settore, molti nati negli anni Novanta, guidati da alcuni veterani che vent’anni prima già condivisero il set de L’uomo in più, folgorante esordio sul grande schermo di Sorrentino e di cui in Santa Lucia ritroviamo anche uno dei protagonisti: Andrea Renzi.
Al centro della storia di Santa Lucia c’è Napoli, che si presenta in una versione inedita e senza tempo, quasi onirica e crepuscolare, una città apparentemente deserta. Qui si sviluppa il racconto del ritorno di Roberto (Renato Carpentieri), scrittore ormai cieco che dopo molti anni trascorsi a Buenos Aires rientra nella sua città natale per la morte della madre. Insieme, con il fratello Lorenzo (Andrea Renzi), musicista mancato, intraprende un viaggio nella memoria della città della sua infanzia e giovinezza, che non può più vedere, ma solo percepire attraverso i sensi che gli restano, i ricordi e l’immaginazione, alla ricerca del doloroso motivo che lo spinse ad abbandonare le sue radici.


Santa Lucia nelle parole del regista Marco Chiappetta
Quando ho lasciato Napoli all’età di 20 anni per vivere a Parigi, la mia città mi mancava così tanto che quando camminavo per il lungosenna chiudevo gli occhi e sognavo di essere lì: il fiume era il mare, l’odore era quell’odore, incontravo sulla strada i fantasmi del mio passato, rivivevo nella mente scene della mia vita, e sentivo davvero di essere di nuovo a Napoli, e tutto era possibile nell’oscurità.
Così iniziai a chiedermi: cosa succederebbe se un uomo tornasse dopo un lungo esilio nella sua città natia, nei luoghi della sua vita, e non potesse più vederli? Come potrebbe un cieco distinguere la realtà dal sogno e dai ricordi? L’idea del film è raccontare il viaggio nel passato di un uomo senza futuro, il “punto di vista” di un cieco che non può più vedere ma solo sentire con gli altri sensi, immaginare, ricordare. Una cecità più metaforica e poetica, che fisica.

La città che Roberto attraversa insieme al fratello Lorenzo (sorta di moderno Virgilio) è una Napoli inedita e senza tempo, cupa, spettrale, abbandonata e minacciosa, come un enorme, silenzioso cimitero, popolata solo da fantasmi e visioni di un passato lontano, insieme meraviglioso e terribile. Roberto passa da un ricordo all’altro, da un luogo dell’anima all’altro, come in un labirinto, ricucendo il mosaico della sua vita alla ricerca del pezzo mancante.
Questo viaggio nella memoria non è raccontato attraverso i classici flashback, ma mischiando passato e presente in un vertiginoso flusso di coscienza, una sola unità di azione, spazio e tempo, come se questi eventi avvenissero per la prima volta davanti agli occhi di Roberto, testimone della sua stessa vita, che vede senza vedere.
Marco Chiappetta
