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“L’isola di Andrea”, il Cinema libero e disarmante di Antonio Capuano

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C’è un Cinema che non chiede il permesso di esistere, che non si piega ai diktat dell’industria né cerca rifugio nelle piattaforme: è il Cinema di Antonio Capuano. Con L’isola di Andrea, presentato Fuori Concorso all’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e arrivato in sala grazie a Europictures, il regista napoletano torna a raccontare l’infanzia come luogo della verità, ma anche come campo di battaglia tra gli adulti e le loro fragilità.

La storia – ispirata a vicende realmente accadute – ruota intorno alla separazione di Marta (Teresa Saponangelo) e Guido (Vinicio Marchioni), genitori del piccolo Andrea, interpretato dal sorprendente esordiente Andrea Migliucci. Il tribunale dei minorenni diventa il teatro in cui si consuma la contesa per l’affido, ma Capuano sposta presto l’attenzione dall’aspetto giuridico a quello umano, costruendo un film intimo e carnale, fatto di volti, silenzi e primi piani che scavano nella vulnerabilità dei personaggi.

Teresa Saponangelo – al quarto film con Capuano – offre una delle sue interpretazioni più nude e dolorose: una madre che si dibatte tra la rabbia e l’amore, incapace di trovare una misura nel distacco. Vinicio Marchioni, invece, costruisce un padre dal temperamento complesso, diviso tra la volontà di apparire razionale e un’emotività che non sa contenere. Ma è il piccolo Andrea Migliucci a incarnare la verità più pura del film: il suo sguardo, insieme ferito e curioso, restituisce l’essenza stessa dell’universo capuaniano – quello di un mondo in cui i bambini capiscono tutto, ma non possono cambiare nulla.

Capuano gira con la leggerezza di chi non deve più dimostrare niente a nessuno. La macchina da presa lo segue come un gesto naturale, in interni essenziali, con luci nitide e una messa in scena che rifugge la retorica. Il suo Cinema, come sempre, è un atto d’amore e di resistenza: L’isola di Andrea non si piega alle formule narrative né ai tempi del mercato, ma cerca piuttosto un dialogo diretto con lo spettatore, quello scomodo e autentico che solo la libertà può concedere.

Nella filmografia di Capuano – da Vito e gli altri a La guerra di Mario, passando per Pianese Nunzio e L’amore buio – i bambini, gli adolescenti sono spesso specchi dell’inquietudine adulta. Anche qui Andrea diventa un’isola nel senso più profondo: un territorio da proteggere, ma anche una solitudine da abitare.

In un panorama cinematografico italiano spesso appiattito sulla ricerca del consenso facile, Capuano resta un autore refrattario a ogni compromesso, capace di trasformare la quotidianità in un terreno di esplorazione morale e poetica. L’isola di Andrea è un film importante, oltre che interessante per il periodo storico che stiamo vivendo, perché nasce da una fede incrollabile nella forza del Cinema come gesto umano prima ancora che artistico.

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