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“La tenerezza” di Carine Tardieu: l’arte sottile del legame, con una splendida Valeria Bruni Tedeschi

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Con L’attachement – La tenerezza, presentato in concorso nella sezione Orizzonti all’81ª Mostra del Cinema di Venezia, Carine Tardieu firma un film di delicata profondità emotiva, capace di esplorare con sobrietà e calore il mistero dei legami umani, al di là dei vincoli di sangue. Liberamente ispirato al romanzo L’intimité di Alice Ferney, il film racconta l’incontro inatteso tra Sandra (una splendida e misurata Valeria Bruni Tedeschi), libraia cinquantenne indipendente e single per scelta, e il suo vicino di casa Alex (Pio Marmaï), padre improvvisamente solo dopo la morte della moglie, con due bambini piccoli da accudire. L’iniziale distanza tra i due adulti – lei schiva, lui ferito – si trasforma, lentamente, in una forma di intimità fatta di attenzioni quotidiane, di sguardi che sostituiscono le parole e di gesti che diventano affetto.

Tardieu costruisce questa storia con un tono che rifugge il sentimentalismo per abbracciare una tenerezza asciutta, quasi pudica, dove ogni emozione è dosata con la misura del reale. La regista – già autrice di Toglimi un dubbio e I giovani amanti – sceglie di mettere al centro una figura femminile libera, moderna, capace di incarnare un femminismo quotidiano, lontano da slogan e ideologie. Sandra non è una madre mancata, ma una donna che scopre, suo malgrado, il potere trasformativo dell’affetto. In questo racconto di “adozioni affettive”, Tardieu guarda alla teoria dell’attaccamento di John Bowlby, evocata nel titolo stesso, e riflette su come i legami nascano non dal destino, ma dalla scelta e dalla presenza.

Il piccolo Elliott (il sorprendente César Botti) e la neonata Lucille diventano così i catalizzatori di una rinascita, non solo per Alex ma anche per Sandra, che impara a condividere uno spazio, un tempo, un respiro comune. La regia di Tardieu è discreta, quasi invisibile: una macchina da presa leggera e mobile, che si muove tra campi e controcampi per restituire il fluire naturale delle relazioni. La fotografia, curata da Elin Kirschfink, predilige la luce domestica, quella che filtra dalle finestre e accarezza i volti. Il montaggio di Christel Dewynter scandisce il tempo come una partitura musicale, mentre la colonna sonora di Éric Slabiak alterna malinconia e vitalità, tra brani balcanici e tocchi pop che accompagnano la rinascita emotiva dei protagonisti.

Il film riesce, come pochi, a mantenere un equilibrio fragile ma luminoso: parla di morte e rinascita, di perdita e prossimità, ma sempre con uno sguardo aperto alla vita. È, come dice la stessa Tardieu, un film “alla vita” – lehaïm, per dirla con il brindisi ebraico che nel film diventa simbolo di resistenza e speranza. L’attachement – La tenerezza è una riflessione sull’amore nelle sue forme non canoniche, un elogio della cura e della vicinanza, della possibilità di costruire famiglie diverse ma ugualmente vere. È un film che abbraccia, senza stringere: dolce, intelligente, e profondamente umano.

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