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“Il Sindaco del Rione Sanità” di Mario Martone: un film emblematicamente moderno come il testo di Eduardo

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Il Sindaco del Rione Sanità” dal Teatro al Cinema

Con la messa in scena teatrale de Il sindaco del rione Sanità, Mario Martone si confronta per la prima volta con un testo di Eduardo De Filippo. Nel 2017 Martone ha scelto, infatti, di curare la regia di un progetto del gruppo di giovani attori indipendenti del NEST di San Giovanni a Teduccio, che hanno immaginato di mettere in rapporto questo testo, tra i più sofferti del grande autore napoletano, con la realtà difficile che vivono nel quotidiano. Uno spettacolo, prodotto da Elledieffe, NEST Napoli Est Teatro, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, che nasce quindi come gesto politico, in sintonia con quanto Luca De Filippo aveva voluto fare prima della sua scomparsa, avviando un importante progetto di recupero per giovani emarginati attraverso una scuola di teatro: non è dunque un caso se lo spettacolo nasce come coproduzione con la compagnia Elledieffe di Luca De Filippo.

Al centro del cast c’è Francesco Di Leva, nei panni di Antonio Barracano e intorno a lui sono schierati tutti i protagonisti del NEST, che da più di un decennio agiscono sul territorio a favore delle categorie ritenute socialmente più deboli, ma potenzialmente più forti dal punto di vista del cambiamento e della creatività: i bambini e i giovani. Il sindaco del rione Sanità, rappresentato nella stagione 2017/2018, ha ricevuto il Premio Le Maschere come miglior spettacolo in prosa della stagione.

La trama

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola.

Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.

Mario Martone porta al cinema Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo con un film di forte attualità capace di raccontare l’eterna lotta tra bene e male.

Mario Martone e il suo primo Eduardo

Questo film è stato girato in quattro settimane ma la sua storia viene da lontano: nel gennaio del 2017 mi sono ritrovato in una sala di cento posti nella periferia di Napoli a lavorare con un gruppo, un vero gruppo, come quelli a cui avevo dato vita negli anni ’80 (da Falso Movimento a Teatri Uniti) e questo mi dava la sensazione di un nuovo inizio. Gli attori del Nest, a cominciare da Francesco Di Leva, non aspettano che la sorte venga loro incontro con chiamate dall’alto attraverso i provini, ma si rimboccano le maniche, trovano un senso nel confronto collettivo, sviluppano idee e si attrezzano perché queste idee in un modo o in un altro prendano forma.

“Fare con quello che c’è” diceva Antonio Neiwiller, e mai come in queste zone abbandonate da Dio e dalla politica tali parole prendono un significato che va oltre il fare teatro per allargarsi a una possibilità di esistenza e di convivenza. È grazie a questa tenacia che il Nest è riuscito a trasformare una palestra abbandonata in un teatro, ed è questa stessa tenacia che ha convinto Luca De Filippo a mettere nelle mani di un attore di trentotto anni un personaggio tra quelli mitici di Eduardo, il “sindaco” Antonio Barracano, che da copione di anni ne prevede settantacinque.

Il sindaco del rione Sanità è il mio primo Eduardo. Mi sono sempre tenuto alla larga perché mettere in scena i suoi testi significa assumere inevitabilmente non solo quanto c’è scritto sulla carta ma anche (e in troppi casi soprattutto) il macrotesto delle messe in scena di De Filippo attore e regista, tramandato e codificato attraverso le innumerevoli recite e le varie versioni televisive. Sgomberare il campo, impedire alla radice che questo accada con un così deciso spostamento d’età del protagonista, consente di mettere il testo alla prova della contemporaneità (oggi i boss sono giovanissimi) e di leggerlo come nuovo.

Non aspettatevi le illusioni del vecchio Barracano nato dell’800, che ancora consentivano di tracciare dei confini morali: qui affiora un’umanità feroce, ambigua e dolente, dove il bene e il male si confrontano in ogni personaggio, dove le due città di cui sempre si parla a Napoli (la legalitaria e la criminale) si scontrano in una partita senza vincitori. Perché è inutile fingere di non vederlo, la città è una e, per quanta paura faccia, nessuno può pensare di tagliarla in due.

Mario Martone

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