Giancarlo Esposito: “Da ragazzo vittima di razzismo, poi a Napoli ho compreso tutta la mia vita”

La star di “Breaking Bad” premiata al Social World Film Festival di Vico Equense come attore internazionale dell’anno ha parlato della sua vita oltre che della fama e dei successi professionali
«I miei genitori si sono conosciuti al Teatro San Carlo di Napoli: una storia d’amore davvero romantica. Non ero mai stato a Napoli, fino a due anni fa, quando ci sono venuto per la prima volta insieme alle mie figlie. È stato in quel momento che ho compreso davvero tutto della mia vita. I napoletani sono persone passionali: amano profondamente la musica, il cibo, l’arte, la poesia. Sono cresciuto guardando mia madre esibirsi sul palcoscenico dell’opera.
Anch’io ho iniziato la mia carriera molto presto, a otto anni, recitando nei musical di Broadway – e mi piaceva tantissimo. Ascoltavo Enrico Caruso, Mario Lanza, e sognavo un giorno di poter cantare all’opera proprio come lei. Mio padre, invece, era un grande tifoso di Maradona. Ricordo ancora quando andammo a Roma per assistere a una partita allo stadio. Ma erano anni difficili, segnati da un forte razzismo. Mio padre temeva per la mia sicurezza, così finimmo per guardare la partita in hotel».


A dichiararlo è stata la star di Hollywood Giancarlo Esposito durante la serata in suo onore nella 15a edizione del Social World Film Festival, la Mostra Internazionale del cinema sociale diretta dal regista Giuseppe Alessio Nuzzo, dove ha ricevuto il premio come attore internazionale dell’anno, e ha poi inciso la sua firma in argilla che verrà fusa in bronzo e aggiunta al monumento al cinema, Wall of Fame, per poi introdurre la proiezione del film “Captain America: Brave New World”, che lo vede tra i protagonisti. Nel corso della giornata il volto iconico di Breaking Bad, tra gli interpreti preferiti da Spike Lee con cui ha lavorato in quattro film, si è concesso ai fan accorsi per lui al festival tra selfie e autografi.
Durante il suo incontro con i giovani del festival al cinema Aequa ha raccontato le difficoltà affrontate durante gli inizi della sua carriera: “Negli anni Sessanta, il colore della mia pelle mi chiudeva molte porte: la gente voleva che facessi una sola cosa, che avessi un solo volto. Non venivo accettato perché il mio nome era Giancarlo Giuseppe Alessandro Esposito. Il mio idolo è Robert De Niro: mi sono ispirato a lui per interpretare personaggi duri, spesso con un’anima buona nascosta sotto la superficie. Ma ho sempre cercato di tenermi lontano dagli stereotipi, come quello dell’italo-americano che affetta l’aglio con la lametta e urla contro la moglie. Volevo dare vita a personaggi veri, autentici”.
Prima di lasciare il palco, Esposito ha lanciato un messaggio ai giovani: “Se avete un sogno, se volete raccontare una storia, assicuratevi che sia qualcosa che amate davvero, qualcosa in cui vi riconoscete. Anche quando ho perso tutto e ho pensato di non farcela, ho trovato dentro di me la forza per reinventarmi. E ce l’ho fatta”.





