“Ciao bambino”, il realismo poetico di Edgardo Pistone
La poesia ruvida del vivere ai margini
Con Ciao Bambino, Edgardo Pistone firma uno degli esordi più intensi e sinceri del recente Cinema italiano. Girato in un potente bianco e nero che trasforma il Rione Traiano di Napoli in un teatro dell’anima, il film è un racconto di formazione, un dramma familiare e un atto d’amore verso un’umanità ferita ma ancora capace di desiderio.
La storia segue Attilio, diciannove anni e un futuro sospeso. Vive tra le crepe di un quartiere dimenticato e si muove in bilico tra innocenza e colpa. Quando gli viene affidato il compito di proteggere Anastasia, una giovane prostituta dell’Est, la sua vita prende una direzione inattesa: nasce un sentimento fragile e proibito, presto messo alla prova dal ritorno del padre dal carcere e da un debito che minaccia di travolgerli entrambi. Attilio si trova così costretto a scegliere tra l’amore e la famiglia, tra la libertà e la sopravvivenza.


Pistone, già autore del premiato cortometraggio Le Mosche, costruisce il film come una confessione e una catarsi personale. “Ho voluto riscrivere il mio passato”, spiega nelle note di regia, “mettere in scena la mia storia per liberarmi dell’eredità familiare”. In questa operazione autobiografica — che trova la sua forma più audace nella presenza del padre, Luciano Pistone, nel ruolo di sé stesso — il regista unisce memoria privata e sguardo politico.
Il Rione Traiano non è solo sfondo, ma personaggio vivo: un “circo malinconico” popolato da volti autentici, scelti attraverso uno street casting che privilegia la verità alla tecnica. Il linguaggio filmico abbraccia la lingua napoletana e l’ucraino, sottolineando il multiculturalismo spontaneo di una Napoli popolare e universale.


Un bianco e nero che scolpisce l’emozione
La scelta estetica del bianco e nero non è mero vezzo stilistico, ma una presa di posizione. Pistone ribalta la tradizione cinematografica: non è il colore a rappresentare la vita, ma la scala di grigi che ne restituisce le sfumature morali. Così, la realtà degradata del quartiere si fa materia poetica, luogo in cui l’amore e la miseria coesistono.
La fotografia di Rosario Cammarota cattura volti e spazi con una delicatezza che richiama il neorealismo, ma l’approccio è più intimo, quasi lirico. Il montaggio di Giogiò Franchini dona ritmo e sospensione, mentre le musiche di K-Conjog contribuiscono a una dimensione sospesa, tra sogno e dolore.


Una voce nuova del cinema napoletano
Premiato come Miglior Opera Prima alla Festa del Cinema di Roma e insignito del Globo d’Oro 2024, Ciao Bambino conferma Pistone come una delle voci più promettenti del cinema italiano contemporaneo. Lontano dal pietismo e dai cliché del “cinema del degrado”, il film guarda ai margini con empatia e ironia, mostrando la povertà non come condanna, ma come condizione esistenziale da cui può nascere una forma di libertà. Attilio e Anastasia non cercano redenzione: cercano soltanto di esistere, di amare, di sopravvivere. E in questo desiderio, fragile e assoluto, c’è tutta la forza del film.
Ciao Bambino è un film che ferisce e consola, che parla di padri e figli, di colpe ereditate e sogni traditi. È un debutto che sa di verità e di Cinema vissuto sulla pelle. Con la sua regia sincera e un linguaggio asciutto ma poetico, Edgardo Pistone si inserisce nella scia di autori come Pietro Marcello e Jonas Carpignano, restituendo al Cinema napoletano la sua voce più autentica: quella che canta la vita, anche quando fa male.




